CAPITOLO XII “AVVOCATI PER SOLI UOMINI. O QUASI”

Lunardi Elenae-book

Tullio Di Martino si era rivolto all’avv. Sini per chiedere assistenza nella procedura di separazione dalla moglie.
Sini, avvocato abituato a vedere uomini maltrattati dalle loro compagne e pronto a difendere i propri clienti da ingiusti ricatti e assurde pretese, si trovò spiazzato di fronte al racconto di questo nuovo caso.
Questa volta, la prima nella sua carriera ultradecennale, Sini aveva di fronte un uomo avido, meschino, dispettoso.
Lui e la moglie avevano due figli maschi di nove e undici anni.
L’uomo aveva avviato una grande attività imprenditoriale grazie al sostegno e all’aiuto della moglie: si occupava di confezionare camicie per un noto marchio americano e contava ben 92 dipendenti. L’azienda aumentava il fatturato di anno in anno, ma la sua preoccupazione più grande era quella di non dover dare nemmeno un centesimo alla moglie, e il minimo indispensabile per i figli.
Qual era il motivo della separazione? Lui aveva trovato un’altra, e proprio questa nuova compagna non voleva che il suo uomo condividesse con nessuno il suo immenso patrimonio.
Sini aveva provato a far notare al sig. Di Martino che, anche se la moglie non era formalmente parte della società, di fatto lo aveva aiutato a costruire il suo impero sia perché lo aveva sostenuto – agli inizi gestendo la contabilità senza alcun contratto e senza alcuno stipendio, proprio perché erano una famiglia e, dopo la nascita dei figli, occupandosi a tempo pieno della loro gestione, della cura della casa, di tutto quanto servisse al marito – sia perché la donna aveva rinunciato, d’accordo con il marito, a lavorare in azienda e addirittura a portare avanti la propria passione e il proprio desiderio di diventare stilista lei stessa, dedicandosi completamente alla famiglia, oltre che sostenendo il marito in ogni scelta e in ogni decisione strategica per l’azienda.
Una simile decisione all’interno di una coppia non è sindacabile; quando si fa parte di una famiglia, non necessariamente bisogna formalizzare tutto e tutelarsi con accordi, patti prematrimoniali, acquisizione di quote societarie o altro. Ciò che è sempre assolutamente doveroso, però, secondo l’etica personale e professionale dell’avv. Sini, è mantenere la parola data, non cambiare prospettiva quando si ha successo dimenticando da dove si è arrivati, tradire la fiducia di chi l’ha riposta in te.
Quando una coppia decide insieme di dividersi i compiti e affidare all’uomo quello di lavorare e alla donna quello di accudire la famiglia, nasce una sorta di società, per lo meno secondo l’avv. Sini e anche secondo molti Giudici, e dunque i risultati, in entrambi i casi, devono essere a vantaggio di tutti. Non che i bravi figli, cresciuti amorevolmente in prevalenza dalla moglie, siano solo della mamma, e non che la solida azienda, gestita in prevalenza dal papà, sia solo del marito. Ciò non significa neppure, secondo Sini, che una donna possa pensare di vivere sulle spalle del marito, ma significa sicuramente dividere in modo equo il successo raggiunto negli anni in cui la famiglia è stata unita, e permettere alla donna di avere le risorse necessarie – di fatto guadagnate assieme al marito – per ricostruirsi una vita. Ovviamente il ragionamento vale anche quando la parte economicamente più forte è la donna e quella più debole il marito. Nulla a che fare con alcun tipo di maschilismo o femminismo, ma con il rispetto degli accordi e di una giustizia intesa in senso forte e sostanziale.
Il lettore avrà ben immaginato che l’avv. Sini non accettò di seguire il caso. Purtroppo Di Martino era cieco di fronte all’evidenza dell’ingiustizia che voleva perpetrare ai danni della moglie e dei figli, e pure di fronte al muro sul quale si sarebbe schiantato rivolgendosi al Tribunale. Di certo questa miopia e, anzi, questa vera e propria cattiveria non dipendeva dalla nuova compagna e dalle sue aspettative; era evidente che l’uomo fosse superficiale e privo di valori, e Sini non voleva averci nulla a che fare.
L’avvocato voleva seguire solo persone con le quali si sentiva in sintonia, e mai assecondare posizioni assurde contrarie alla propria etica e al proprio senso del Giusto.
Di Martino se ne andò scocciato dallo Studio Legale e si fermò al bar che si trovava proprio nello stesso palazzo per bere un caffè.
Tornato a casa, già nervoso per essere stato rifiutato dall’avvocato, subì un altro colpo ben più duro.
In un secondo, tutte le sue certezze vacillarono. Lui, che credeva che la moglie fosse una sua marionetta e che non avesse diritto al successo, convinto che si sarebbe fatta bastare la miseria che lui le avrebbe dato e che sarebbe stata per il resto della vita rassegnata e triste, rimase senza parole.
Ebbene, sua moglie stava avviando una collaborazione proprio con il suo più grande competitor; collaborazione che, in apparenza, aveva tutte le carte in regola per diventare qualcosa di grande.
Rientrato in casa, aveva infatti visto nella borsa della moglie, che in quel momento si stava facendo la doccia, una busta inviata da una grande azienda tessile e, chiaramente, non resistette dal leggerne il contenuto.
Fu allora che Di Martino iniziò a ripensare al passato e a ricordare quanti disegni avesse realizzato la moglie e per quanto tempo lui non li avesse minimante considerati, ma anche quanto entusiasmo avesse sempre dimostrato la donna durante l’avvio dell’impresa e quanto fondamentale fosse stato il suo ruolo nella crescita della sua azienda.
In un secondo si rese conto del talento che sua moglie aveva oltre che della sua grande dignità, aspetti che la distinguevano in maniera netta dalla nuova compagna.
E si rese conto di non aver mai capito, fino a quel momento, la forza, la determinazione, l’energia e la caparbietà della donna che aveva sposato’’.

Continua…


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