‘’Sono io, volevo parlarti. Vediamoci al caffè Pedrocchi alle 17’’. Marione non credeva alle sue orecchie. Sua moglie, dopo la vera e propria guerra che stavano vivendo da mesi, dopo le indicibili offese che aveva ricevuto da lei, dopo le lacrime versate e il nervosismo alle stelle, lo stava chiamando per un caffè. Marione non cedette alla tentazione di ripagare la moglie con altrettanta sofferenza, e decise di andare a sentire cosa aveva da dirgli, anche perché dal tono di voce della donna aveva intuito qualcosa di buono, qualcosa che poteva assomigliare ad una tregua, se non ad una vera e propria resa. ‘’D’accordo. Ci vediamo dopo’’. Era talmente poco il preavviso che la moglie gli aveva dato, che Marione non ebbe neanche il tempo di chiamare l’avvocato. Corse subito a casa, a cinque minuti dall’officina, si fece una doccia al volo e si vestì con i pantaloni della festa e il suo maglioncino migliore. Il cappotto non gli si chiudeva più, quindi optò per il piumino che gli stava più comodo. Una spruzzatina di profumo e uscì spedito da casa. Era agitato, curioso e speranzoso nello stesso tempo. Parcheggiò la sua auto e si affrettò a raggiungere il locale. …
Dal CAPITOLO V “AVVOCATI PER SOLI UOMINI. O QUASI”
Marione stava pensando a come organizzare la cena della Vigilia e a quali regali mettere sotto l’albero. I bambini sarebbero rimasti con lui fino a Capodanno, e con la mamma fino all’Epifania. L’avvocato Sini era molto felice del risultato, che finalmente percepiva come giusto e in linea con quello che dovrebbe essere scontato ma che, purtroppo, non lo era stato affatto in passato. I figli di Marione erano raggianti e raccontavano a scuola che una signora tanto buona – il Giudice – aveva detto che il loro papà era bravo e che loro avrebbero potuto tornare a passare tanto tempo con lui. Nel loro profondo, però, si chiedevano come mai la loro mamma non la pensasse così. Questi pensieri complessi si dileguarono in un attimo non appena i due maschietti videro il gigante buono comparire nel cortile della scuola con due enormi vassoi di pasticcini. Con tutta la classe, i bambini corsero dal loro papà e lo circondarono con un affetto e una gioia che commosse Marione e anche la maestra Susanna. L’insegnante, assistendo ad una scena tanto commovente, e conoscendo la storia di Marione e i suoi bambini, non riuscì a contenere l’emozione dei suoi alunni, e nemmeno la …
CAPITOLO V “AVVOCATI PER SOLI UOMINI. O QUASI”
[…] Marione non poteva credere a quello che era successo. Dopo mesi di agonia, incontri con l’avvocato, paure, notti insonni, gastriti, era arrivato il temuto giorno della prima udienza in Tribunale. La moglie voleva che il Giudice condannasse il marito a versarle tanti soldi – che lui non aveva – gli aveva chiesto la casa e anche la macchina, ma ciò che più lo tormentava era che aveva chiesto – anche se il verbo più appropriato sarebbe “preteso” – di tenere i figli tutti per sé, lasciandoli al papà solo poche ore nel fine settimana. Come avesse potuto farlo, con quale cuore, e con quale coraggio, Marione non era riuscito a spiegarselo. E neppure l’avvocato Sini. Ma qualche volta, e più spesso di quanto si possa credere, le cose belle accadono. Bisogna crederci sempre. Davanti al Giudice, pareva che fosse successo un miracolo, una magia, un sogno, un film a lieto fine. Seduto vicino al suo avvocato – alla sua sinistra la moglie con il proprio – Marione era nervoso, teso, triste, preoccupato. Sudava. Pensava ai suoi cuccioli, ai minuti contati del fine settimana, a tutto quello che avrebbe voluto fare con loro e che non avrebbe più potuto realizzare …
CAPITOLO IV “AVVOCATI PER SOLI UOMINI. O QUASI”
Era arrivata l’ennesima querela. Andrea non credeva ai suoi occhi. Questa volta pure la figlia lo aveva denunciato perché, diceva quella maledetta citazione a giudizio, il padre avrebbe fatto mancare i mezzi di sussistenza alla ragazza. I mezzi di sussistenza? Si sentiva un verme, solo a leggere il suo nome scritto in bella vista a fianco a quelle parole che suonavano così male – MANCANZADIMEZZIDISUSSISTENZA – su quel foglio importante che aveva estratto dalla temuta busta verde. “Ma come?” Si chiedeva. “Come può la giustizia pensare che sia io colpevole per non essere riuscito a pagare sempre puntualmente quell’assegno? Lo sanno che sono sul lastrico, che ho un fallimento alle spalle perché l’azienda costruita con tanto impegno è andata a rotoli per colpa di clienti che a loro volta sono falliti e non hanno pagato. Lo Stato lo sa! Le vede le mie dichiarazioni dei redditi, la mia sentenza di fallimento, ma come può essere vero tutto questo?? Tutto ciò che ho lo passo a mia figlia. E a lei non mancano affatto i mezzi di sussistenza, e nemmeno a sua madre, che ha la carta di credito consumata dalle strisciate che fa in ogni dove, e che vive in …
CAPITOLO III “AVVOCATI PER SOLI UOMINI. O QUASI”
In corsia di emergenza in tangenziale, Sini stava chiamando il carro-attrezzi perché, nel caos di quelle giornate frenetiche, aveva scordato di fare il pieno. Mica è facile la vita dell’avvocato anche se, nell’immaginario comune, si pensa che sia una pacchia. Sini adorava il suo lavoro, beninteso. Si conoscono tante persone, si risolvono i loro problemi, si ha la possibilità di migliorare la vita degli altri e, certamente, non ci si annoia mai. Era la vita che aveva scelto e che voleva continuare a fare. Finché aspettava pazientemente il rifornimento, approfittava del tempo a disposizione per ripensare alla giornata appena trascorsa, all’udienza romana con levataccia alle 6 rinviata senza alcun preavviso, alla palestra che aveva saltato, alla mamma che aveva preparato la cena e stirato qualche camicia e dalla quale doveva assolutamente passare, agli amici che doveva richiamare per organizzare il fine settimana in montagna. A quarant’anni appena compiuti, un divorzio alle spalle, niente figli (anche se, trovando la persona giusta, stava valutando che forse era arrivato il momento di pensarci), Sini – cognome sardo che l’avvocato non aveva ancora ben capito cosa c’entrasse con la sua famiglia padovana – non amava particolarmente la gestione dei conflitti familiari perché ne soffriva …
Dal CAPITOLO II “AVVOCATI PER SOLI UOMINI. O QUASI”
Il Giudice, dopo aver controllato con scrupolo le carte, diede la parola agli avvocati. Esordì quello della moglie cominciando a lamentarsi dell’assegno attuale, sbraitanti che 500 euro sono troppo pochi, che la signora non riesce a sopravvivere, che non trova lavoro. La gamba destra di Gabriele saltellava incessantemente, e si poteva vedere nei suoi occhi uno sguardo pieno di risentimento, ma ancora in grado di sopportare. Arrivato il turno di Sini, l’avvocato iniziò a spiegare al Giudice che la signora aveva rifiutato diciotto lavori, che era da un anno che il marito pagava mutuo, affitto e assegno, e che sopravviveva solo perché sua madre gli riempiva sempre il frigo. Il Giudice l’ascoltava attento. Terminata l’udienza, non restava che attendere la decisione, ma Gabriele già sentiva il peso di quei giorni interminabili. Il suo sgomento si toccava con mano, mentre la sciatta mogliettina se ne andava, spalle curve, testa bassa, senza rivolgere a Gabriele neppure uno sguardo. (… continua …)
CAPITOLO II “AVVOCATI PER SOLI UOMINI. O QUASI”
In udienza, Clarissa De Bortoli si era presentata sgualcita, spettinata, senza trucco. Aveva rifiutato diciotto offerte di lavoro e passava la vita a lamentarsi continuamente dei pochi soldi che l’ex marito le passava. Il povero Gabriele Zecchinato faceva due lavori per pagare l’affitto della casa in cui abitava, il mutuo dell’appartamento in cui viveva la ex moglie, l’assegno che il Giudice aveva fissato per lei e quello per i figli. Questa mattina Gabriele era fiducioso, aveva letto su internet di quel Giudice che aveva condannato la moglie a versare l’assegno di mantenimento al marito e si sentiva così euforico da non riuscire a trattenere l’adrenalina. Sentiva che il vento stava cambiando. Che finalmente i Giudici si erano resi conto che mica le donne sono inferiori, e che possono lavorare anche loro, e che, se un marito deve pagare tutto, alla fine ben si capiscono quelli che diventano barboni o che fanno finta di smettere di lavorare pur di non dover subire un dissanguamento ingiustificato. Entrati in aula, il silenzio. (… continua …)
Dal CAPITOLO I “AVVOCATI PER SOLI UOMINI. O QUASI”
Marione non capiva come potesse una moglie chiedere al marito qualcosa che sapeva essere impossibile. Ma, soprattutto, si chiedeva come una madre potesse pensare di escludere un padre dalla vita dei figli, proprio come se non fosse mai esistito. Quei piccoli angioletti adoravano il loro papà, sbavavano di fronte ai suoi cannelloni ripieni, dormivano ogni notte appiccicati a lui. La piccola sulla pancia, Lorenzo a destra e Giacomino a sinistra. Questo, perlomeno, da quando con la moglie le cose non andavano bene e mamma e papà dormivano in camere separate. Da allora, i figli avevano sviluppato un attaccamento sempre più forte verso Marione e non gli si allontanavano di un centimetro. Un papà speciale, Marione. <<Io me li vado a prendere! I miei cuccioli hanno bisogno di me! >> gridava il Gigante buono finché riempiva il piatto del suo avvocato con il bordo di gallina, e con cura e attenzione ci affogava uno ad uno i tortellini alla carne fatti in casa da lui. Le mani gli tremavano dalla rabbia. E quei tortellini sembrava che lo guardassero, e che volessero dire qualcosa anche loro su questa situazione assurda che stavano vivendo Marione e quei tre bellissimi bambinetti. Tra tutti questi …
CAPITOLO I “AVVOCATI PER SOLI UOMINI. O QUASI”
“Stava preparando il brodo di gallina quando suonò il telefono. <<Pronto?>> rispose Marione. <<Non accetta le nostre condizioni, pretende 500 Euro per lei, 750 Euro per i figli, tutte le spese straordinarie, e anche la casa. I bambini te li vuole far vedere col binocolo. Ci tocca andare in causa>>. L’avvocato Sini cercava di minimizzare, ma il suo cuore si stringeva nel comunicare al cliente il terribile esito della trattativa. Non c’era verso di ragionare con il collega che difendeva la moglie, e l’unica strada rimaneva la causa. <<Ma… ma…. ma come? Io li stavo aspettando per mangiare i tortellini… Non tornano per cena? Ho chiesto a Lucio di chiudere l’officina… Ho il polpettone in forno…>> protestò Marione. <<No. Tua moglie dorme nella casa al lago dei tuoi suoceri con i bambini, e restano lì fino a domenica. A questo punto mi fermo io a cena da te, che non ho niente in frigo, così vediamo di impostare la difesa. Mi fermo a prendere un bel rosso, ci sta col polpettone>>. Marione non si capacitava della cattiveria a cui era arrivata la moglie. Come aveva fatto una ragazza così dolce e comprensiva a trasformarsi in pochi anni in una donna …