Una recente sentenza del Tribunale di Prato ha segnato un passo avanti decisivo per l’equità nel mondo del lavoro: il Bonus mamme, pari fino a 3.000 euro annui, spetta anche alle lavoratrici con contratto a termine, e non solo a chi ha un contratto a tempo indeterminato.
Una sentenza che cambia le regole
Fino ad oggi, l’INPS riconosceva questo beneficio esclusivamente alle dipendenti a tempo indeterminato. Tuttavia, il Tribunale ha accolto il ricorso di una lavoratrice precaria della scuola, stabilendo che anche i contratti a termine devono rientrare nella platea dei beneficiari.
Questa decisione non riguarda solo il settore scolastico, ma si estende a tutte le lavoratrici dipendenti, sia nel settore pubblico che in quello privato: aziende, cooperative, enti e altre realtà lavorative.
Chi può fare ricorso?
Può agire legalmente per il riconoscimento del diritto al Bonus mamma chi:
- è dipendente (settore pubblico o privato),
- ha almeno due figli, di cui uno con meno di 10 anni nel 2024,
- ha svolto lavoro con contratto a termine a partire da gennaio 2024.
Cosa si può ottenere?
Chi ricorre con successo può beneficiare di:
- Rimborso dei contributi previdenziali non dovuti, per un valore che può raggiungere anche 1.200 euro per 10 mesi di lavoro,
- Riconoscimento del diritto al Bonus anche per gli anni successivi, consolidando un vantaggio economico importante.
Come ottenere assistenza
Lo Studio Legale Sinigaglia è al fianco delle lavoratrici per tutelare questo diritto. Valutiamo gratuitamente la situazione di ogni cliente per verificare la possibilità di avviare il ricorso.
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Parità nei diritti, anche per le precarie
Questa sentenza è una svolta significativa nel riconoscimento dei diritti delle donne nel mondo del lavoro, soprattutto per quelle troppo spesso penalizzate dalla precarietà contrattuale. È ora possibile far valere la propria posizione, con un precedente giurisprudenziale forte a supporto.