“Non tutti i matrimoni vanno salvati. Ma quelli veri… non si buttano via come carta bagnata.”
L’avv. Sini non aveva bisogno di fare rumore per farsi ascoltare. Lo studio era silenzioso, luminoso, con scaffali in legno scuro colmi di codici e appunti ben ordinati. Niente targhe appariscenti, solo l’essenziale. La professionalità di Sini era nota, ma ciò che distingueva davvero quel legale era un dono raro: la capacità di ascoltare con gli occhi, oltre che con le orecchie.
Seduto dietro la scrivania, Sini sfogliava i documenti della separazione di Marco e Marta. Tutto appariva corretto: firme ordinate, divisione dei beni pacifica, accordi raggiunti con civiltà. Ed è proprio quella perfezione a far drizzare le antenne.
C’era una freddezza sospetta, il tipo di distacco che si costruisce quando il dolore è ancora troppo vicino per essere affrontato davvero.
Sini richiuse il fascicolo e prese una decisione.
— Serve un colloquio separato, — disse all’assistente. — Uno con Marta. Poi con Marco. Prima di andare avanti, voglio guardarli negli occhi.
Marta – il colloquio inatteso
Marta arrivò con passo deciso, ma lo sguardo tratteneva qualcosa. Sini la fece accomodare e lasciò che il silenzio parlasse per primo.
— Non sono qui per cambiare idea, — disse Marta, stringendo la borsa sulle ginocchia. — Solo per rispetto al vostro tempo.
— Nessuna intenzione di convincerti. Solo una domanda: da quanto tempo non ti senti davvero ascoltata?
Marta rimase interdetta. — Non lo so… forse da mesi. Anni, forse.
— Quando è stato l’ultimo momento in cui Marco ti ha guardato senza parlare, e tu hai capito tutto?
Un tremolio le passò sulle labbra. Non rispose.
— A volte non ci si lascia perché è finito l’amore, ma perché è finita la pazienza. E la pazienza si logora quando nessuno si prende più il tempo di capire.
Marta annuì, quasi impercettibilmente. Poi sussurrò:
— Lo sogno ancora, sapete? A volte lo sento rientrare dalla porta… poi mi sveglio.
Sini scrisse una nota, senza aggiungere altro.
Marco – giorni dopo
Il tono era diverso. Marco entrò più chiuso, più trattenuto. Si accomodò e attese, impaziente.
— Marco, credi che Marta non ti ami più?
— Non lo so. Non credo. Ma io… io ho sbagliato. Ho smesso di esserci. Di provarci.
— E quando hai capito che stavi perdendo tutto?
Marco sospirò. — Quando ho trovato il suo spazzolino mancante. Solo quello. Ma la casa sembrava crollata.
Sini osservò. — Hai mai provato a scrivere qualcosa a Marta? Anche solo per dire “scusa”?
— No. Ho troppo orgoglio.
— L’orgoglio è utile in tribunale. Ma in amore è una condanna.
Qualche giorno dopo, entrambi ricevettero una mail breve, non ufficiale. Un invito.
“Vi propongo un incontro extra. Senza atti. Senza ruoli. Solo parole. Lo studio sarà chiuso. Solo voi due. Accettate, se volete ascoltarvi ancora una volta.”
Si presentarono. In orari diversi, ma se ne andarono insieme.
Durante quell’incontro, le parole furono lente, incerte. Ma vere. E quando Marta rise – improvvisa, spontanea – ricordando un viaggio in Sicilia, Marco si commosse.
Non servivano firme, né carte. Solo lo spazio per parlarsi come non facevano da tempo.
E Sini, in silenzio, seduto poco distante, li lasciò essere. Senza interrompere.
L’amore non si presenta sempre con gesti eclatanti. A volte ha bisogno solo di un’ultima occasione per dire la verità. Sini non diede risposte, ma pose le domande giuste. E fu abbastanza.
“Non è mio compito decidere se vi amate ancora. Ma posso aiutarvi a creare lo spazio per scoprirlo.”