“Si può essere lontani anche a pochi centimetri. Ma si può mancare davvero solo quando si è stati profondamente vicini.”
Il tempo, quando si è soli, passa in modo strano. All’inizio sembra una conquista: silenzio, spazio, libertà. Poi, giorno dopo giorno, tutto quel vuoto inizia a pesare. Il rumore della chiave nella serratura non è più un sollievo. È solo il suono della solitudine che entra in casa.
Marco e Marta avevano rispettato il patto della separazione: nessun contatto diretto, nessuna scenata, nessun tentativo maldestro di ricucire. Avevano firmato i documenti preliminari e si erano spartiti gli oggetti con una compostezza quasi dolorosa.
Ma nulla era davvero stato “diviso”.
Ogni mattina, Marta si truccava con meticolosità, anche se non aveva impegni. Lo specchio era diventato un giudice silenzioso: le ricordava che doveva mostrarsi forte, risolta, rinnovata. Ma i trucchi non riempivano l’assenza.
Si era iscritta a yoga, aveva ripreso a leggere, aveva persino fatto una vacanza con due amiche a Palermo. Ma in ogni foto c’era qualcosa che mancava: lo sguardo complice di chi conosce tutte le tue imperfezioni e ti ama comunque.
La casa nuova era moderna, luminosa. Ordinata. Troppo ordinata. Senza le scarpe di Marco nell’ingresso, senza le sue tazze lasciate ovunque, sembrava un albergo, non una casa vissuta.
Marco aveva reagito diversamente. Si era buttato nel lavoro e nella corsa. Ogni sera, percorreva chilometri sotto la pioggia, nel freddo, nel traffico. Non per stare in forma, ma per sfiancarsi. Per non pensare.
Aveva ripreso a uscire, certo. Aveva avuto persino un paio di frequentazioni. Ma non erano storie: erano rattoppi. Ogni risata forzata con una nuova conoscenza lo riportava, per contrasto, a quelle sere sul divano con Marta, a ridere per una serie stupida che conoscevano a memoria.
Una sera tornò a casa, stanco, con un sacchetto di cibo cinese. Appoggiò tutto sul tavolo e si rese conto di aver ordinato anche per lei. Sempre lo stesso menù: involtini primavera e spaghetti di riso. Pianse. In silenzio.
Durante quell’anno, l’avv. Sini non intervenne direttamente. Ma non smise di osservare. Si fece inviare aggiornamenti da entrambe le parti, sotto forma di semplici comunicazioni procedurali. Studiava tra le righe. Un uso del “noi” sfuggito a Marta. Una frase piena di esitazioni da parte di Marco.
Non era suo compito. Ma era la sua vocazione: ascoltare anche ciò che non veniva detto.
Una sera, mentre archiviava dei fascicoli, trovò una vecchia cartolina sul fondo di un cassetto. Ritraeva una coppia che ballava sotto la pioggia.
Scrisse una frase sul retro:
“Non è nostalgia. È amore che non ha ancora trovato una nuova forma.”
E la inviò, anonima, a entrambi.
Lo stesso giorno.
Non si dissero nulla. Ma quella cartolina, ricevuta a poche ore di distanza, fece qualcosa. Una scintilla silenziosa. Come se il filo che li univa, benché allungato, non si fosse mai spezzato davvero.
Separarsi non è sempre l’opposto di amare. A volte è solo il modo sbagliato di cercare di non soffrire più.